Potenzia il tuo cervello

Potenzia il tuo cervello

Il cervello ha una sua vita nascosta, privata, un insieme di attività e funzioni di cui non siamo consapevoli. Dai semplici riflessi all’emozione, dai desideri alla memoria, dalla nascita di idee creative alle decisioni, la mente oscilla tra conscio e inconscio, tra trasparenza e oscurità. Le neuroscienze si sono inizialmente concentrate sugli aspetti più tradizionali e palesi del comportamento, quelli che sembrano dipendere dal nostro controllo diretto e di cui abbiamo piena consapevolezza: movimenti e sensazioni, linguaggio, attenzione e memoria fanno parte di un catalogo iniziale le cui pagine ci hanno fornito un primo nucleo di conoscenze. Ma l’animo umano è fatto anche di tensioni e sentimenti inespressi, di desideri latenti e ricordi da tempo sepolti, di decisioni apparentemente immotivate, di bivalenze emotive. Molti di questi aspetti della mente si svolgono a livello inconscio, sono attività sotterranee che conferiscono una dimensione più complessa e frastagliata alla psiche.

Fotografia, disegno, scrittura e esercizi logici: sono le discipline che risvegliano il cervello e lo mantengono in forma più di altre attività. Il cervello non si limita a interpretare il mondo, lo crea: si calcola che il 35% del suo lavoro sia la somma delle operazioni di 45 macchine diverse, tra elaboratori meccanici, informatici e ottici.

La medicina definisce la mente come l’insieme delle capacità operative superiori del cervello. In questo insieme rientrano tutte le funzioni superiori difficilmente definibili, come la personalità, la coscienza, l’intelligenza, la memoria o l’affettività. A livello fisiologico il lavoro del cervello
viene svolto da cellule individuali. Un cervello adulto contiene circa 100 miliardi di cellule nervose, dette anche neuroni, con “prolungamenti” che si connettono tramite più di 100 trilioni di punti.

potenzia il tuo cervelloGli scienziati chiamano questa fitta rete di diramazioni “foresta neuronale”. I segnali che si trasmettono attraverso la foresta neuronale costituiscono la base di ricordi, pensieri e sensazioni, che si spostano tra le singole cellule nervose tramite una piccola scarica elettrica (Il silenzio rigenera il cervello, rafforza la memoria. In assenza di rumore l’attività elettrica dei due emisferi del cervello diventa meglio bilanciata e sincronizzata, così la corteccia cerebrale, attiva con maggiore intensità la memoria interpretativa e non solo quella procedurale. La mente lavora con più ritmo sulla logica di causa-effetto e sull’elaborazione delle informazioni sensoriali). Le cellule sono connesse le une con le altre tramite le sinapsi. Quando una scarica raggiunge una sinapsi, può far scattare il rilascio di piccole quantità di sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori, che fungono da messaggeri tra le diverse aree cerebrali.

Intorno alla metà dell’Ottocento, ancor prima delle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud, il concetto di inconscio iniziò a farsi strada: i fisiologi cominciarono infatti a notare che numerose funzioni del sistema nervoso si svolgevano al di fuori della consapevolezza. Si parlò allora di “inconscio cerebrale”, con particolare riferimento ai riflessi spinali, reazioni automatiche che secondo numerosi fisiologi avrebbero interessato tutto il sistema nervoso centrale, non solamente il midollo spinale. Oggi sappiamo che buona parte delle funzioni cerebrali si verificano a livello inconscio: non soltanto i riflessi ma anche funzioni cognitive come la memoria, le scelte e le decisioni.

Ogni notte ci addormentiamo e sogniamo, anche se alcuni piombano rapidamente in un sonno profondo e altri si rigirano a lungo nel letto, anche se vi è chi sogna a lungo e ha quasi un appuntamento coi propri sogni per riprendere un tema incompiuto e chi invece presta scarsa attenzione alle proprie vicende notturne e ritiene, a torto, di non sognare. A torto, in quanto malgrado spesso riteniamo il contrario, ognuno di noi sogna regolarmente, all’inizio e alla fine di una notte di sonno e per almeno altre tre fasi equidistanti tra di loro: un totale di almeno cinque episodi di sogno, ognuno della durata di 15-20 minuti, in cui il cervello è sconvolto da una tempesta di onde elettriche che parlano ai neurofisiologi di un’attività convulsa che percorre i circuiti nervosi di tutto il cervello.

William Shakespeare riteneva che i sogni fossero «i figli di un cervello ozioso, generati da nulla se non vana fantasia»: così indicava in Romeo e Giulietta, forse ritenendo che il cervello si abbandonasse pigramente al sogno, anziché essere coinvolto, come avviene nella realtà, in un vero e proprio stato di intensa eccitazione, in una tempesta elettrica, caratterizzata da onde cerebrali rapide, disordinate e intense. Onde che possono aumentare e scemare gradualmente come in una tempesta marina che prende forza e lentamente svanisce. Questo stato di convulsa attività nervosa contrasta invece con la condizione di paralisi in cui giace il corpo del sognatore i cui muscoli divengono progressivamente atonici, per ultimi quelli della nuca, come dimostra la testa del passeggero di un treno o di un aereo che ricade sul petto nel momento in cui l’abbandono è totale. È in questo momento, nel momento cioè in cui si sogna, che i globi oculari si muovono rapidamente al di sotto delle palpebre: è da questi movimenti che il sogno, per il neurofisiologo, prende il nome di “attività REM” (Rapid Eye Movements).

Così dormono e sognano le persone, o almeno gli adulti: i lattanti e i bambini, infatti, non cadono in quello stato di catatonia in cui piombano i grandi, ma hanno un “sonno agitato”. Il loro cervello presenta infatti un’attività elettrica REM molto simile a quella degli adulti, ma i loro muscoli non sono “paralizzati”: al contrario, possono contrarsi rapidamente, facendo sì che un lattante o un neonato si agiti, apra e chiuda le mani, agiti le gambe o, addirittura, pianga e impallidisca in una crisi di quello che viene definito Pavor nocturnus, paura notturna, di cui non resta traccia al risveglio.

I bambini, quindi, sognano e sognano intensamente: anzi, per risalire indietro nel corso della vita, sognano già nel corso della vita fetale, nel ventre materno: nel corso degli ultimi mesi della gravidanza trascorrono circa i due terzi del tempo non tanto nel sonno, quanto nel sogno. Ma cosa si può sognare quando ancora non esistono esperienze, ricordi, desideri, aspettative? A questa domanda gli studiosi del cervello non potranno mai rispondere: ma essi sanno che ancor prima della nascita si percepiscono i suoni, le intonazioni della voce materna, il ritmo di una musica, come si percepiscono stimoli di tipo visivo, anche se grossolani e indistinti, sensazioni tattili, olfattive e gustative legate ad alcuni sapori dei cibi mangiati dalla mamma. Probabilmente è questo abbecedario di sensazioni a dar vita ai primi sogni che poi iniziano a prendere una forma più distinta nel corso delle prime settimane di vita, quando gli occhi si aprono sul mondo e registrano esperienze, quando l’ambiente invia messaggi confortanti o ostili.

Un neonato, che dorme circa 16-18 ore al giorno nelle prime settimane di vita, sogna per la metà di questo tempo: 8-9 ore di sogni accompagnati da movimenti degli arti, vampate di rossore, pallori improvvisi, crisi di sudore, tentativi di succhiare un immaginario seno materno e, soprattutto, espressioni emotive. Prima ancora di esprimere le sue emozioni nella vita diurna con espressioni di piacere, disgusto o perplessità, il volto di un neonato lascia trasparire queste espressioni durante il sogno, come se egli “ripassasse” degli schemi istintivi di emozioni allo stato puro, da collaudare in seguito, in risposta a reali situazioni della vita. È possibile che il sogno di un neonato e di un bambino piccolo duri tanto a lungo e abbia un ruolo importante in quanto esso serve a consolidare quegli schemi che l’ereditarietà o le esperienze hanno iscritto nel suo cervello? Numerosi neuroscienziati reputano che le cose stiano proprio così: il sogno, o se preferite il sonno REM, occupa un vasto spazio delle notti infantili in quanto è in quelle lunghe ore che nel cervello, sottoposto ad un bombardamento di onde elettriche da parte di alcuni nuclei nervosi che sono iperattivi durante il sogno, si illuminano degli “spezzoni” di film che vengono proiettati notte dopo notte, sino a lasciare delle immagini durature. Il sogno, insomma, servirebbe a rinforzare memorie innate – come le espressioni facciali delle emozioni – e memorie acquisite che rispecchiano le numerose esperienze fondamentali e gli apprendimenti che si succedono nel corso di una giornata infantile. È nel sogno che vengono rafforzate le memorie linguistiche, i suoni che costituiscono nuove parole, le immagini visive, le associazioni tra esperienze diverse: senza la massiccia attività onirica che caratterizza l’infanzia, la specie umana, ma anche tante altre specie animali che sognano a lungo, non potrebbe strutturare e ordinare la massa di quelle esperienze ed elaborati apprendimenti che sono una sua caratteristica particolare.

Se questo articolo ti ha incuriosito e vuoi approfondire l’argomento, ti suggerisco di leggere → La vita nascosta del cervello.

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